Arvi Wattel
I dipinti di Garofalo per San Bernardino nella collezione dell’Ermitage e la devozione femminile nella Ferrara Rinascimentale
Nel 1509, la duchessa Lucrezia Borgia trasformò le strutture abbandonate di San Bartolo in via Giovecca in un monastero femminile per la nipote Camilla, la figlia illegittima di Cesare Borgia, che arrivò a Ferrara nel 1507. In passato, gli studi su San Bernardino vennero ampiamente focalizzati sul ruolo di Lucrezia Borgia, che restò coinvolta dopo la sua costruzione: frequentemente si ritirò dalla vita di corte nel convento per periodi di preghiera e riflessione. Tuttavia, la fama di San Bernardino non dipese solo dal coinvolgimento di Lucrezia Borgia. Dopo la morte della Duchessa, nel 1519, la reputazione del convento continuò a crescere, in larga parte grazie a Camilla. Le relazioni postume elogiarono la sua devozione e la sua virtù. Cherubino Ghirardacci (1519-1598), ad esempio, scrisse che Camilla visse una vita ‘santa’ e sottolineò quanto fu rispettata e onorata da tutti “come specchio di gloriose virtù”. Flaminio da Parma (1760) la elogiò come “un vivo esempio” che fu ‘santamente seguito’ da molti. La fama di Camilla e la buona reputazione del convento sono confermate dal crescente numero di suore che entrarono in San Bernardino: nel 1510 il convento partì con solo venti monache, ma in trent’anni il loro numero crebbe a 107, ampliando di gran lunga il numero massimo auspicato di 40. Fu la santità di Camilla, che richiamava la fama di sante vive come Elena Duglioli a Bologna, Osanna Andreasi a Mantova o Stefania Quinzani a Brescia, che attrasse molte donne in convento. Tra di loro non ci furono solo donne provenienti dalla nobiltà ferrarese, ma anche una figlia di Pandolfo Malatesta, signore di Rimini, e una di Guidobaldo I da Montefeltro, Duca di Urbino.
Le donne in clausura erano dedite ad una continua meditazione sui misteri della Passione di Cristo. In San Bernardino, queste meditazioni devono aver ricevuto un importante impulso con l’arrivo di due reliquie, donate da Chiara da Montefeltro intorno al 1520: una goccia del sangue di Cristo e un pezzo del legno della Vera Croce. I dipinti di Garofalo concepiti per le Clarisse, e realizzati probabilmente tra il 1528 e il 1537, aiutarono anche le monache nelle loro meditazioni. I dipinti di Garofalo per la chiesa interna (che includevano l’Andata al Calvario dell’Ermitage) si concentrarono sulla vita e la passione di Cristo. Il piccolo ciclo di cinque tele culminava nella grande lunetta rappresentante il Cristo crocifisso sorretto da angeli in volo che reggevano i calici per ricevere il sangue che sgorgava dalle sue ferite. La lunetta probabilmente era appesa sopra una finestra con grate nella parete che separava il coro delle monache dalla chiesa esterna. Attraverso questa finestra le monache avrebbero potuto guardare il sacerdote che celebrava l’Eucarestia, attraverso cui la visione del corporeo (il corpo di Cristo) si sarebbe fusa con le loro preghiere spirituali. In questo contesto, i dipinti di Garofalo servirono come un’importante strumento devozionale.
Il luogo centrale dell’Eucarestia è sottolineato in altri tre dipinti per il convento e che si trovano ora nelle collezioni dell’Ermitage: Le Nozze di Cana, l’Allegoria dell’Antico e del Nuovo Testamento e la Moltiplicazione dei pani e dei pesci. Mentre questi dipinti erano destinati al refettorio del convento la centralità dell’Eucarestia parla da sola. In ogni caso, l’ampiezza del ciclo sottolinea l’importanza che il tema assunse per le monache. Inoltre, in questo ciclo i confini tra realtà e finzione sono di nuovo ricercati attraverso l’inserimento di alcune Clarisse nelle scene della Moltiplicazione dei pani e dei pesci. Nei dipinti di Garofalo per San Bernardino l’artista provò di nuovo e coscientemente a dissolvere i confini tra le storie della vita di Cristo e la vita quotidiana delle monache. Il vivere nell’ambiente chiuso della clausura e la continua meditazione sui misteri della Passione portarono molto spesso a una vigorosa devozione, a visioni divine, o persino all’estasi. All’interno di questo contesto, i dipinti di Garofalo devono essere stati di grande efficacia.
Perché Garofalo avrebbe dipinto questi quadri per San Bernardino (in parte) gratuitamente, “per l’amor di Dio”, necessita ancora di ulteriori chiarimenti. Comunque, il fatto che Girolamo Borgia, il ‘sole di Cesare’, fosse come un padrino per il figlio di Garofalo, potrebbe essere un importante indizio. Nella parte sinistra dello sfondo dell’Andata al Calvario, Garofalo ritrasse un nobiluomo che guardava fuori dal dipinto. Sebbene l’uomo sino ad ora non sia stato identificato, non c’è dubbio – paragonato ad altre figure – che questo possa essere il ritratto di un contemporaneo. Potrebbe essere il ritratto di Girolamo Borgia, il fratello di Camilla?